Gassman-Kean.
Quella sera recitavo nel Kean di Alexandre Dumas con Vittorio Gassman, nella parte di Anna Damby.
La scena: Anna, una giovane donna si presenta all’istrionico e geniale attore, il grande mattatore del teatro britannico Edmund Kean per avere un aiuto. Stiamo recitando davanti alla sala piena quando Gassman inizia a improvvisare… mi aspettavo la battuta consueta, me ne porge un’altra. Un brivido per la schiena, adrenalina pura, un koan Zen.
Mi spiego per chi non sapesse cosa sia un koan. Nel buddismo Zen un koan è un racconto o un’affermazione paradossale che risveglia la profonda consapevolezza e avviene tra maestro e discepolo, ecco, il maestro andando improvvisamente fuori dallo schema del testo è riuscito a dilatare la mia coscienza, mi sono risvegliata a uno stato “duendico” connesso al Tutto teatrale e cosmico. A questo punto ho iniziato a improvvisare anch’io. Quando Gassman-Kean mi chiede che mestiere fa mio padre, rispondo: il tassista, e siamo in pieno ottocento. Tutt’al più avrei potuto dire il cocchiere. La fragorosa risata del pubblico mi ha dato coraggio. Abbiamo continuato a improvvisare e giocare su parole e tempi comici. È stata per me una grandissima lezione di teatro.
Ma non è finita, quella stessa sera, a cena Vittorio Gassman mi ha insegnato qualcos’altro.
Rimanendo nel tema del gioco, a lui molto caro, mi ha mostrato un trucco per riuscire a stupire il più incallito dei giocatori.
Finito di disegnare su un foglio una stella a cinque punte, prende nove monete e inizia a volteggiare con la mano sul foglio piazzando abilmente le monete. Il marinaio dal quale aveva appreso il gioco ci vinceva delle sostanziose scommesse.
Dopo avermi svelato la soluzione mi ha fatto promettere di non rivelare mai a nessuno quel piccolo segreto e così è stato.
Da allora il pentacolo è la mia stella fortunata, impossibile battermi.
“L’attore sano di mente” diceva, “mi sembra un paradosso e comunque non è il tipo di attore che io ho mai prediletto nella vita.”
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