Mandala paralleli – Edward Hopper
Visitare mostre è viaggiare. Ogni volta che intraprendiamo questo percorso affascinante le vibrazioni dell’opera ci aprono alla percezione di un “paesaggio” interiore, un humus di inconsueta felicità, fatta di colori, sensualità e nutrimento spirituale. Edward Hopper il più noto esponente del realismo americano, ricerca nei suoi quadri una realtà quasi fotografica, una concretezza così spinta da sfiorare l’esperienza metafisica. Il pittore statunitense pur perseguendo l’oggettività, interpreta e dirige la luce a suo piacimento, non tiene conto delle leggi di natura, ha bisogno di illuminare superfici utili all’equilibrio pittorico come lo intende lui. Questa è la sua atout, e non solo, Hopper crea zone di movimento cinematografico dentro spazi statici, il contrasto movimento-stasi genera la sensazione del ritmo, del vento, delle camminate sui ponti della folla infreddolita.
L’insieme di punti umani che vive circondato dall’immobilità in alcuni quadri richiama il bellissimo e terribile documentario Manhatta (1921) di Paul Strand, fotografo e videomaker statunitense.
Non a caso molti registi eccezionali hanno amato la sua opera; tra questi Hitchcock (in Psyco prende a modello la casa vittoriana del dipinto House by the Railroad) e Wenders che rappresenta il famoso Nighthawks come tableau vivant nel film The end of violence.
I quadri come mandala aprono porte altrimenti chiuse, svelano mondi esistenti dentro e fuori di noi.
“Le dimensioni parallele esistono, sono impercettibili cambiamenti della realtà”
Mandala paralleli – Edward Hopper
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